

ARTEsegreta
Corpus Hypercubicus
SALVADOR DALÌ
Analisi eso-alchemica di Alberto Tebaldi ©2021
PREMESSA
È possibile comprendere un’opera di Salvador Dalì senza avere una benché minima
conoscenza del Simbolismo esoterico?
Si può analizzare l’opera di un iniziato (qual era Dalì) aggrappandosi esclusivamente a vacui
riferimenti catto-religiosi, come nel caso dell’opera che andrò ad analizzare in questo articolo, decisamente poco attinenti al messaggio hermeticus celato dall'autore?
Si narra come sia abbastanza diffuso il rischio che corre chi si occupa di Simbolismo esoterico di veder crescere nel tempo una forma di arroganza intellettuale associata, non di rado, a una marcata propensione a mantenere le distanze dall’umanità ordinaria. Ebbene, sono certo che non pochi tra i lettori che avranno la (s)ventura di imbattersi in questo mio scritto percepiranno nelle mie esternazioni tale arroganza. E credetemi, sono sincero, mi spiace se la sensazione che ne trarrete sarà questa! Tuttavia, è un fatto che molti lettori, magari mossi solo dalla curiosità o dalla fame compulsiva di informazioni, possono esser definiti a ben ragione degli "addormentati" e, a volte (anzi, direi quasi sempre) l’unico modo possibile e d'una certa efficacia utile a riaccendere il Fuoco interiore in un uomo tiepido passa necessariamente attraverso violenti "urti d'orgoglio", molto difficili da accettare e da vivere anche se in funzione di una preziosa crescita personale.
Ma questo è... che piaccia oppure no! Chi non se la sente è libero di abbandonare questa lettura.
Bene! Fatta questa doverosa premessa passiamo all’analisi eso-alchemica del...

Corpus Hypercubicus
Salvador Dalì
1954 - Olio su tela, 194,5 x 124 cm
New York, Metropolitan Museum of Art
ANALISI ESO-ALCHEMICA
Tralasciando le varie interpretazioni facilmente reperibili in rete o sui libri d’Arte, l’analisi che voglio proporre muove i suoi passi tra i Sentieri sapienziali di antica natura.
Tanto per cominciare “Corpus Hypercubicus” (e non “Corpus Hypercubus", come qualcuno scrive) è già di per sé un 8 celato. Eh già, non poteva essere altrimenti!

Volete divertirvi a fare da voi la riduzione teosofica delle misure del dipinto?
Sul fatto che il n. 8 stia alla base dell’intero elaborato credo possano esserci pochi dubbi. La Croce ipercubica di Dalì, infatti, evidenzia chiaramente la propria struttura costruttiva attraverso 8 cubi.
E fin qui, semplici osservatori e critici d’Arte... come si dice, ce l’han potuta fare!
Ciò che è molto meno evidente agli occhi delle innumerevoli ipocoscienze sparse per il pianeta (ahimè, anche tra chi magari si vanta di saperla lunga) è che essendo di fatto il cubo un esaedro, gli 8 cubi equivalgono di conseguenza a un 8 moltiplicato per 6.
Non me ne vogliate, ma credete sul serio che monsieur Gurdjieff non fosse a conoscenza delle implicazioni più profonde della Legge di Ottava quando parlava di idrogeno 48? (H48)
Non contento Dalì ci offre (utilizzando una diversa cromìa) anche una doppia suddivisione della Croce “octomorfa” (la parola non esiste, ma rende l’idea), nello specifico in una Legge e in un Archetipo.
• Legge di Natura del 7+1 (come il prisma dei colori che si riassume nella Luce bianca)
• Archetipo del 5+3
Riguardo questo archetipo, legato al n. 8, Hieronymus Bosch ce lo “spiega” chiaramente nel "Cristo" (Dio) che tiene la mano a Eva ne “Il Giardino delle Delizie”.

Andiamo avanti!
La Croce ipercubica ci offre 4 facciate che rimandano a ulteriori 4 esaedri aperti. 64 e/o 6 moltiplicato per 4, dunque, è un chiaro rimando al n. 24, il numero per eccellenza degli insegnamenti del Grande Maestro Hermete Trismegisto.
Non capite il perché?
Beh, mica posso dirvi tutto!
Dalì, a vantaggio dei più "distratti" (nel dubbio che molto probabilmente non li avrebbero visti), i 4 cubi celati li ha riproposti per così dire in miniatura a “sostegno” del Cristo.
Insomma, 7 cubi manifesti + 1 cubo celato + 4 cubi manifesti (riproposizione dei 4 cubi celati) = 12.
Ora vi è più più chiaro?
H48, H24, H12, H6.
Non c’è un solo modo per spiegare lo stesso concetto. G. I. Gurdjieff aveva il suo e Dalì (come altri iniziati nel mondo) ha semplicemente utilizzato il proprio.
Dunque, in questo dipinto Dalì descrive la Legge di Ottava nella sua forma più complessa. Eppure ben pochi riescono (e son riusciti) veramente a "Vedere".
(Avete fatto caso che preferisco scrivere "Legge di Ottava" piuttosto che Legge dell’Ottava?).
Giunti a questo punto ci tengo a fare un'importante precisazione: nonostante io sia dell’idea che un certo tipo di Sapere vada nei limiti del possibile condiviso al fine di una crescita coscienziale più rapida di questa umanità ormai sull’orlo del precipizio, permane ancora in me una porzione di fedele riconoscenza, nonché infinito rispetto, nei confronti di quella dottrina ermetica che tanto mi ha donato nel corso della mia vita. Pertanto non pensiate che io possa svelarvi proprio tutto, perché non accadrà! Ciononostante credo che qualcosina in più ancora si possa fare per gli sguardi pigri e offuscati. Ma non prima di proporvi uno scritto pubblicato in cui mi sono imbattuto qualche tempo fa relativo al dipinto di Dalì, riguardo cui
non posso che mettermi le mani nei capelli
(e per fortuna ne ho ancora tanti).
Riporto ciò che si trova scritto su una rivista d’Arte, di cui non farò il nome naturalmente:
“Anche se può essere considerato il più importante dei quadri religiosi di Dalì… conosciuto anche come Corpus Hypercubicus, pur accurato nella fattura e nello scorcio prospettico… trova nelle parole di Dalì un’esagerata descrizione:
“Cubismo metafisico trascendente. Il numero nove si identifica, e diviene specificamente consustanziale, con il corpo di Cristo”.
Ebbene, come si fa leggendo un’affermazione del genere a non scomodare il famoso detto ermetico (poi ripreso nel Vangelo)
Perle ai porci?
Già definire “religiosa” quest’opera (sommato poi alla... “esagerata descrizione”) fa ben capire il livello di profonda inconsapevolezza di chi ha redatto questo incauto giudizio.
Con le sue affermazioni, apparentemente prive di senso e a dir poco stravaganti alle orecchie di chi non può capire, Dalì ci ha regalato la chiave di lettura dell’intera opera.
Non può esserci accesso al decimo cielo (all’UNO, al TUTTO) se non si passa per il Sapere
custodito nel n. 9, preceduto a sua volta dalla profonda comprensione della Legge di Ottava.
Le dita delle mani del corpo del Cristo (privo di ferite, come forse mai era stato rappresentato prima) sono “rattrappite”, in forte tensione dunque, a voler sottolineare come l’ascesa al decimo cielo (la “risoluzione”) passa necessariamente attraverso il dover prima esperire la Regalità (la “Corona” del Cristo stesso), evidenziando come il passaggio sia tutt’altro che agevole, poiché soggetto a una ferma forza di Volontà e al duro Lavoro sul proprio sé. Passaggio pertanto non alla portata di tutti, se non ai reali (mi verrebbe da dire, per l'appunto, REgali) iniziati.
A proposito, il Cristo (RE) e Gala.
Strana coincidenza, non trovate?
Il Cristo rappresenta l’Unto. E chi è stato “marchiato” sulla fronte dall'Olio divino sa bene come non sia affatto facile lavarne via l’untuosità.
In contrapposizione alla testa di un Cristo qui rappresentato da Dalì “senza volto” (con la testa girata verso destra, a indicare l'emisfero destro, all’altezza del primo cubo più in alto, nel piano spirituale), il piede destro “nasconde” e domina il sinistro all’altezza dell’ultimo cubo più in basso, a indicare questa volta l’emisfero sinistro che nel mondo materiale predomina sul destro (la prevalenza della stoltezza delle masse umane), il tutto a sottolineare la presenza del n. 15 (dita) a suggerire ancora una volta l’importanza del n. 6 (in accordo con il n. 8 nella Legge di Ottava).
La Luce, la cui provenienza frontale viene tradita dalle ombre delle braccia proiettate sull’asse temporale (passato, presente, futuro) della Croce ipercubica, irradia, quasi concentrandosi volutamente in un punto esatto (o per meglio dire in un Plesso) il “petto” del Cristo, la zona cardiaca sede dell’Anima (verde-sferotrigonica) da cui sembra quasi trasparire sotto pelle ulteriore Luce, tanto da domandarsi se essa provenga da fuori oppure da dentro al petto del Cristo (probabilmente da entrambi).
Come accennato, dunque, la Croce ipercubica vanta l’intersezione di tre assi. In tal senso nasconde, insieme agli altri numeri, anche il n. 3 che con il n. 5 suggerito dal "legamonistico" errore/ombra nel centro della scacchiera del pavimento restituisce ancora una volta l'8.
• Asse del Tempo
• Asse dello Spazio
• Asse dell’Energia
dove, però, l’ottavo esaedro (l’unico nascosto, tra tutti) accoglie la simultaneità di Tempo, Spazio ed Energia nel cuore stesso della Croce.
E ancora, 5+5 = 10
Amén
Il panno di colore bianco “mercuriale” (colore che, non a caso, ancora una volta sta a simboleggiare la Legge del 7+1), la cui funzione apparente è quella di coprire i genitali dell’antropomorfizzazione del principio cristico, in realtà indica all’osservatore il Centro sessuale dal quale il processo alchemico ha inizio, sviluppandosi nell’Athanor (il corpo fisico del Cristo) in cui il Fuoco "bruciando" l’acqua separa lo spesso dal sottile, la Terra dall’Aria, la materia dallo Spirito. Il tutto inevitabilmente mediato dal Principio femminino (Maria impersonificata da Gala) la quale, sguardo verso l’alto, assiste all’intero Processo trasmutativo, Opus magico capace di “sconfiggere la morte”.
Gala è posta in piedi su una sorta di pedana che la separa dal mondo conflittuale e dualistico simboleggiato dal pavimento a scacchiera.
Sullo sfondo una prevalenza di Cielo, l’elemento Aria, il Pleroma gnostico,
proiezione di ciò che, in una sola parola, è
SPIRITO.
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Mi auguro d'esser riuscito a dimostrare che, a dispetto della saccenza di molti critici e articolisti d’Arte,
questo dipinto è ben lontano da qualsivoglia concetto dogmatico-religioso. Tutt’altro! È un potente invito criptico
alla LIBERTÀ, che la si può acquisire solo incamminandosi
lungo l'impervio Sentiero della Consapevolezza, alla ricerca della Conoscenza del proprio Sé e delle Leggi dell’Universo, fino al contatto con la Coscienza del Tutto. Questo Cammino può essere intrapreso da chiunque abbia una spinta interiore sincera, che trasmuta in un vero e proprio “sentito biologico", e dunque fisico, alle cui sollecitazioni non si può sfuggire. Un'urgenza spirituale scevra da qualsivoglia ipocrita condizionamento religioso delle cui nefaste influenze le masse sembrano ancora oggi sempre più succubi.

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"CORPUS HYPERCUBICUS"
SALVADOR DALÌ
2021
